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Lego: La Rinascita di un'Icona Globale
16/08/2025

Lego: La Rinascita di un'Icona Globale - CFO Services

Da quasi un secolo Lego accompagna generazioni di bambini e famiglie nel gioco creativo. Eppure, all’inizio degli anni 2000, la storica azienda danese si trovò vicina al collasso. Quella crisi si è poi trasformata in una delle più efficaci operazioni di turnaround aziendale degli ultimi decenni. Oggi Lego non è solo il principale produttore di giocattoli al mondo, ma un modello di riferimento per la gestione strategica e finanziaria.

Dalla bottega di Billund al mito globale

Lego nasce nel 1932 a Billund, in Danimarca, dall’intuizione di Ole Kirk Christiansen, un falegname che iniziò a produrre giocattoli in legno. Il nome “LEGO” deriva dall’espressione danese “leg godt”, che significa “gioca bene”. Negli anni ’50 arriva la svolta epocale: il brevetto del mattoncino in plastica con sistema di incastro, capace di trasformare semplici blocchi in infinite costruzioni.

Da lì in poi, il marchio diventa sinonimo universale di creatività. Negli anni ’80 Lego è già un colosso globale: i mattoncini colorati invadono le case, le scuole, persino i musei. Ma a fine anni ’90, l’azienda perde la bussola.

La crisi: quando l’icona rischiò di crollare

Lego cerca di diventare “tutto per tutti”: lancia videogiochi, abbigliamento, orologi, parchi a tema. Il portafoglio prodotti esplode: oltre 14.000 pezzi unici nel catalogo, troppi per una supply chain già rigida. Nel 2003 arriva la mazzata: una perdita record e un indebitamento crescente. La stampa danese parlò di “fine di un’era”.

Un aneddoto racconta bene lo smarrimento di quel periodo: in un anno Lego arrivò a introdurre un nuovo colore per un singolo set, solo perché un designer lo trovava “più cool”. Nessuna disciplina, nessuna logica industriale.

Il cambio di rotta

Nel 2004 sale al comando Jørgen Vig Knudstorp, giovane manager con un background da consulente McKinsey. La sua diagnosi è chiara: “Abbiamo dimenticato chi siamo. Dobbiamo tornare ai mattoncini”.

Il primo set lanciato sotto la sua guida fu il Duplo Castle, sviluppato in soli nove mesi. Un record, visto che prima ci volevano due anni. Quel set non era solo un giocattolo, ma il simbolo di un’azienda che aveva capito di dover correre più veloce e con più disciplina.

Dismissioni coraggiose

Nel 2005 Lego decide di vendere i parchi LEGOLAND a un fondo di private equity. Una scelta sofferta, perché quei parchi erano amati dal pubblico, ma finanziariamente insostenibili. Curiosamente, l’accordo con Blackstone prevedeva che Lego mantenesse una quota del 30%: un piede dentro per non perdere il legame emotivo con i visitatori, ma senza il peso di gestire un business a margini bassi.

Supply chain: un tira e molla

La produzione era diventata ingestibile. Nel 2006 Lego affida gran parte della manifattura a Flextronics. Una decisione che sulla carta sembrava perfetta, ma che si rivelò un boomerang: i mattoncini richiedono una precisione di 10 micrometri e la variabilità della domanda non si conciliava con la rigidità di un outsourcing massivo. Nel 2008, in piena crescita, Lego decide allora di riportare in casa gli impianti in Ungheria e Messico. Un dietrofront insolito, ma decisivo.

La rinascita: community e innovazione guidata

Parallelamente, Lego capisce che i fan non sono semplici clienti, ma i migliori designer. Nel 2008 nasce il progetto Lego CUUSOO in Giappone, da cui evolverà Lego Ideas: una piattaforma dove chiunque può proporre un set. Se ottiene 10.000 voti, Lego lo produce davvero. È così che sono arrivati sul mercato modelli iconici come il NASA Saturn V, la Casa dei Simpson o il set di Friends – Central Perk.

Altro aneddoto: il primo grande successo di licensing fu il set di Star Wars. All’inizio gli stessi manager erano scettici, temevano che “inquinasse” il brand. Oggi rappresenta una delle linee più redditizie della storia Lego.

La lezione del turnaround Lego

Il caso Lego non è solo un manuale di finanza aziendale, ma una storia di identità ritrovata. Ha dimostrato che innovazione e disciplina non sono opposti, ma complementari. Ha insegnato che talvolta bisogna avere il coraggio di cedere asset amati ma non profittevoli, e che il cliente può diventare co-creatore di valore.

Oggi Lego è leader globale, con margini solidi e un brand che vale più di molte multinazionali tech. Da crisi a rinascimento, con una bussola semplice: tornare al cuore di ciò che rende un’azienda unica.

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