
Tariffe, Inflazione e Deal Flow: Il Prezzo della Geopolitica - IPO Consulting
L’introduzione del nuovo regime tariffario statunitense da parte dell’amministrazione Trump ha riaperto un fronte che si riteneva sopito: la politica commerciale attiva come strumento di politica economica interna. L’adozione di dazi generalizzati – con impatti trasversali su manifattura, tecnologia e consumi – rappresenta un cambio di paradigma rispetto agli ultimi 75 anni di liberalizzazione degli scambi globali.
In tale contesto, le implicazioni per i mercati privati sono rilevanti sia a livello macroeconomico che operativo, con effetti immediati sull’allocazione del capitale, sul posizionamento delle aziende nei portafogli e sul mercato delle exit. A queste dinamiche si aggiunge il congelamento di numerose IPO attese, segnale tangibile dell’inversione del ciclo di liquidità e fiducia.
1. Tariffe e Bilancia Commerciale: Un Ritorno al Protezionismo
Le tariffe doganali sono imposte sulle importazioni e costituiscono un tipico strumento di politica commerciale protezionista. L’obiettivo esplicito di una tariffa è quello di riequilibrare la bilancia commerciale, ovvero la differenza tra export e import di un Paese. Gli Stati Uniti, storicamente in posizione deficitaria verso alcune economie asiatiche, stanno cercando di correggere tale squilibrio mediante barriere fiscali all’ingresso di beni stranieri.
Tuttavia, gli effetti macro di un aumento tariffario sono controintuitivi:
- Inflazione: l’aumento del costo dei beni importati genera pressione inflattiva, alimentando dinamiche di cost-push inflation;
- Rallentamento della crescita: il rincaro delle componenti e dei beni di consumo riduce la domanda aggregata e frena il PIL reale;
- Retorsioni commerciali: i partner esteri rispondono con misure simmetriche, riducendo l’accesso ai mercati per le imprese esportatrici.
In sintesi, da uno strumento volto a riequilibrare la competitività interna può scaturire un contesto di frammentazione geopolitica e stagnazione commerciale.
2. Impatti a Breve Termine sui Mercati Privati
Nel breve periodo, i mercati privati stanno già subendo una serie di ripercussioni tangibili legate all’incertezza tariffaria:
a) Gestione del rischio tariffario
I gestori di fondi PE e VC devono condurre una due diligence geopolitica per valutare:
- Esposizione diretta e indiretta alla supply chain internazionale;
- Dipendenza dai mercati di esportazione;
- Rischi di repricing contrattuale dovuti all’instabilità normativa.
b) Congelamento delle exit
Il rallentamento macro e la compressione dei multipli pubblici stanno posticipando le dismissioni. In particolare, il mercato secondario soffre la mancanza di visibilità su ricavi futuri e le IPO sono sempre meno percorribili come via di uscita.
c) Ribilanciamento dell’asset allocation
La contrazione dei mercati azionari pubblici ha aumentato il peso percentuale degli asset illiquidi nei portafogli istituzionali, inducendo gli allocatori a ridurre l’esposizione verso il private capital per mantenere l’equilibrio target.
d) Raffreddamento della domanda retail
In caso di rallentamento dell’economia, i prodotti alternativi indirizzati agli investitori individuali (ELTIF, fondi semi-liquid) potrebbero subire un calo di raccolta, compromettendo il fundraising di molti veicoli in fase di lancio.
3. Impatti Strutturali: Ridefinizione delle Filiere e Nuovi Modelli Operativi
Nel medio-lungo termine, l’effetto sistemico dei dazi si riflette sulla ricostruzione delle catene del valore:
- Nearshoring/reshoring: rilocalizzazione della produzione per mitigare il rischio tariffario;
- Frammentazione della globalizzazione: nascita di blocchi economici regionali con scambi interni protetti;
- Modelli di business adattivi: le imprese più resilienti saranno quelle capaci di riconfigurare logistica, pricing e go-to-market rapidamente.
Per gli investitori, ciò implica un aggiornamento dei criteri di selezione e valutazione: la robustezza della supply chain e l’indipendenza strategica diventano fattori determinanti nel calcolo del valore.
4. Il Congelamento delle IPO: Quattro Casi Emblematici
Il rallentamento macro e la volatilità tariffaria si sono già tradotti in una serie di IPO sospese da parte di aziende ad alta visibilità, tutte operanti in settori tipicamente associati al private capital growth-oriented:
a) Klarna (Buy Now Pay Later, Svezia)
- Aveva pianificato una IPO sul Nasdaq nel 2024 dopo un down round da -85%;
- L’attuale contesto inflattivo e la pressione sui margini da credito al consumo hanno indotto un posticipo indefinito.
b) eToro (Social Trading, Israele)
- La fusione con SPAC è fallita nel 2023; una IPO tradizionale era in fase di preparazione;
- La volatilità sugli asset digitali e la regolamentazione incerta hanno spinto il management a sospendere i piani.
c) Chime (Neobank, USA)
- Con oltre 13 milioni di utenti, aveva stimato una valorizzazione pre-money di oltre $ 25Mld;
- Il peggioramento delle prospettive sul credito al consumo e la ridotta fiducia retail hanno bloccato l’accesso al mercato.
d) Stubhub (Ticketing, USA)
- Il business ciclico e legato alla spesa discrezionale soffre l’incertezza macro;
- L’IPO è stata rinviata in attesa di condizioni più stabili.
Questi casi evidenziano una tendenza chiara: il canale delle IPO, storicamente utilizzato per monetizzare gli investimenti nei mercati privati, non è più percorribile nel breve periodo. L’effetto a catena coinvolge DPI, fund raising e NAV di portafoglio.
5. Implicazioni Strategiche per gli Investitori
In un contesto di rallentamento macro e riduzione della liquidità, gli investitori professionali devono adottare un approccio più selettivo e risk-aware. Le priorità strategiche includono:
- Due diligence geopolitica integrata nei processi di underwriting;
- Stress test su scenari di escalation tariffaria;
- Ridefinizione delle strategie di exit, con maggiore attenzione a recapitalizzazioni, trade sale o carve-out strutturati;
- Valutazioni conservative in settori esposti alla domanda globale o alla produzione offshore.
Conclusioni
Il ritorno della politica commerciale come leva strategica di politica interna ha effetti sistemici sui mercati del private capital. Le tariffe non sono un fattore estemporaneo, ma un catalizzatore di trasformazione strutturale: modificano i flussi commerciali, alterano le valutazioni, paralizzano le exit.
In un contesto simile, la capacità di selezionare asset resilienti, costruire portafogli flessibili e adottare un approccio geopoliticamente consapevole rappresenta non più un’opzione, ma una necessità.
Il private capital entra in una nuova fase: meno ipergrowth, più risk-adjusted return.